Aperture è un’esperienza di arte visiva e relazionale. 6 giovani artiste e artisti si sono confrontati con il territorio dell’Alta Val Torre e i suoi abitanti attraverso uno strumento analogico: una macchina fotografica di grande formato installata su un Apecar. Al termine della settimana il loro racconto è diventato la mostra fotografica “Aperture”. Aperture è stata anche un’operazione di scoperta di un mezzo fotografico particolare: il banco ottico. Al tempo stesso si è messo in gioco un elemento scenografico ed evocativo: un Apecar. Come fosse una grande macchina fotografica su tre ruote, l’Ape Piaggio, simbolo di un mondo contadino, montano e artigianale, è stata trasformata in un grande oggetto scenico.
Aperture è un’esperienza di arte visiva e relazionale. 6 giovani artiste e artisti si sono confrontati con il territorio dell’Alta Val Torre e i suoi abitanti attraverso uno strumento analogico: una macchina fotografica di grande formato installata su un Apecar. Al termine della settimana il loro racconto è diventato la mostra fotografica “Aperture”. Aperture è stata anche un’operazione di scoperta di un mezzo fotografico particolare: il banco ottico. Al tempo stesso si è messo in gioco un elemento scenografico ed evocativo: un Apecar. Come fosse una grande macchina fotografica su tre ruote, l’Ape Piaggio, simbolo di un mondo contadino, montano e artigianale, è stata trasformata in un grande oggetto scenico.
L’approccio adottato ha avuto un forte taglio relazionale. Lo sguardo degli artisti e delle artiste si è incontrato con le persone e i paesaggi attraversati. Attraverso la fotografia si è cercato di entrare in contatto con i luoghi, di farne esperienza, di sperimentarne l’essenza senza fermarsi al primo approccio. Questo ha fatto sì che gli autori e le autrici abbiano dovuto allargare il proprio orizzonte personale per cercare una reale connessione con il territorio, con gli abitanti e – data la natura collettiva del lavoro – con gli altri fotografi e le altre fotografe. Qualche volta hanno dovuto superare le proprie aspettative e vincere le conseguenti frustrazioni.
Spesso abbiamo la pretesa che un luogo e le persone che lo abitano non vedano l’ora di mostrarsi, di essere visti, riconosciuti e immortalati. Il più delle volte non è così. Siamo ospiti. Il nostro muoverci nello spazio va a rompere un equilibrio e ci vuole tempo prima che se ne ristabilisca uno nuovo che ci comprende. Quanto tempo serva non ci è dato di saperlo, a noi sta pazientare e aspettare.
Il banco ottico è uno strumento ideale per allenare questo sguardo lento e insistente. Il banco ottico ci costringe a stare in un tempo lungo, a scrollarci di dosso l’approccio del mirare e scattare. È proprio grazie a questo strumento che si è riusciti, almeno un po’, ad entrare in connessione con il territorio, con le persone, con il paesaggio. Il processo fotografico non si conclude però con lo scatto. Quell’immagine, catturata dai sali d’argento, può esistere solo se sviluppata e grazie alla stampa prende poi una vita propria come nuovo oggetto nel mondo: la fotografia. Questo è stato possibile grazie alla presenza nel gruppo di uno stampatore che, in stretta sinergia con i fotografi e le fotografe, ha curato lo sviluppo e la stampa delle fotografie esposte. La fotografia, storicamente, aveva la funzione di conservare la memoria del passato attraverso la produzione di un’immagine, preziosa ed unica. Aperture raccoglie questa eredità antica, proprio oggi, nell’ambiente contemporaneo, dove invece siamo quotidianamente sottoposti a un enorme flusso di immagini. Il processo di realizzazione di ogni scatto è stato un atto lento, ragionato, collettivo, tolto all’intangibilità del digitale e restituito alla concretezza della dimensione della carta.
Assieme al lavoro dei fotografi e delle fotografe è stato sviluppato anche un racconto sonoro a cura di Camilla Isola. L’approccio di indagine ai luoghi è stato il medesimo. L’artista sonora ha lavorato come i fotografi e le fotografe, immergendosi nel paesaggio, raccogliendone suoni, rumori, voci. Immagini e suono sono intimamente legate perché frutto di un cammino di indagine e di scoperta simile e condiviso. Potremmo quasi dire che se le fotografie di questa collettiva sono in bianco e nero, il suono è il loro colore.
Artiste/i in residenza: Annalisa Doriguzzi, Bartolomeo Eugenio Rossi, Camilla Isola, Giuliana Rapaccini, Pietro Bucciarelli, Leonardo Taddei
Tutor: Giovanni Chiarot, Matteo Carli, Ruben Vuaran
Residenza fotografica nell’Alta Val Torre
3-10 agosto 2024
Mostre fotografiche:
Lusevera, sotto il campanile, 10 agosto 2024
Udine, Spazio35, 7-9 novembre 2024
Gorizia, Spazio cluster Multimedialità, 21-23 novembre 2024
Trieste, Stamperia Westerberg, 12-14 dicembre 2024
Artiste/i in residenza: Annalisa Doriguzzi, Bartolomeo Eugenio Rossi, Camilla Isola, Giuliana Rapaccini, Pietro Bucciarelli, Leonardo Taddei
Tutor: Giovanni Chiarot, Matteo Carli, Ruben Vuaran
Residenza fotografica nell’Alta Val Torre
3-10 agosto 2024
Mostre fotografiche:
Lusevera, sotto il campanile, 10 agosto 2024
Udine, Spazio35, 7-9 novembre 2024
Gorizia, Spazio cluster Multimedialità, 21-23 novembre 2024
Trieste, Stamperia Westerberg, 12-14 dicembre 2024
Aperture è un progetto di Zeroidee APS, In collaborazione con: Associazione Culturale Constraint, Associazione Silver Age, Associazione Ex Emigranti Lusevera, Centro Ricerche Culturali – Lusevera, Associazione Hybrida, Soluzioni Srls, Spazio35 Udine, Stamperia Westerberg Trieste, Spazio Cluster Multimedialità Gorizia
Con il sostegno di:
Aperture è un progetto di Zeroidee APS, In collaborazione con: Associazione Culturale Constraint, Associazione Silver Age, Associazione Ex Emigranti Lusevera, Centro Ricerche Culturali – Lusevera, Associazione Hybrida, Soluzioni Srls, Spazio35 Udine, Stamperia Westerberg Trieste, Spazio Cluster Multimedialità Gorizia
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